La storia della Fonderia non è solo una dimostrazione di resilienza al tempo e alle alterne vicende della fortuna, ma è composta dalle storie di tutti gli artigiani e gli artisti che ne hanno fatto la loro casa.
Mentre si mescolano atmosfere leggere e decadenti di un Liberty fin-de-siècle e manifesti dirompenti e chiassosi di avanguardie futuriste, in via di Gran San Bernardo 13 a Milano, vicino alla cinquecentesca Villa Simonetta, un ex capo fonderia, un formatore e un cesellatore, dopo anni di attività al servizio di altre fonderie, fondano una delle più illustri e longeve imprese milanesi: la Fonderia Artistica Battaglia, Pogliani e Frigerio.
Loro sono Ercole Battaglia, Giulio Pogliani e Riccardo Frigerio, tre giovani che, mettendo a frutto la loro esperienza sul campo, rapidamente si conquistano la stima di tanti artisti dell’epoca. È il 1913, un nuovo secolo è appena cominciato, e tantissimi artisti di area milanese da Vitaliano Marchini a Giambattista Tedeschi, da Luigi Panzeri ad Antonio Rescaldini, e ancora Adolfo Wildt e Guido Righetti, realizzano con loro piccole sculture, statue pubbliche, monumenti funebri, in una costante mescolanza tra estetica sacra e profana.
Solo la guerra rallenta momentaneamente il lavoro della fonderia, e se di giorno le competenze dei tre soci vengono sfruttate per attività industriali e belliche, di notte la vera anima del luogo resiste, continuando, per quanto possibile, a produrre sculture. Finita la guerra, con il ritorno dall’America del fratello di Ercole, Vittorio Battaglia, l’acquisto di terreno e fabbrica di Via di Gran San Bernardo, e l’ingresso del nuovo socio Francesco Vecchi, comincia la vera ripresa.
I protagonisti di questa nuova epoca non dimenticano il dolore della guerra; tra le opere “simbolo” di questi anni c’è infatti L’Allegoria della Vittoria e del Soldato (1923-25) per il monumento ai caduti di Magenta (MI), realizzata da Giannino Castiglioni (padre di Achille) che spesso lavora con la fonderia. Sarà sempre lui infatti, a firmare l’Ultima Cena dell’Edicola Campari (1935-39), tra i monumenti funebri più famosi del Cimitero Monumentale, opera che idealmente chiude il primo ventennio di attività di Fonderia Artistica Battaglia.
La prima sede della Fonderia Artistica Battaglia in Via Gran San Bernardo negli anni ’20
Venne distrutta con la dinamite il 29 gennaio del 1961 da terroristi austriaci, ma l’imponente statua equestre realizzata nel 1936 su commissione della Società Montecatini, dallo scultore Giorgio Gori alla Fonderia Artistica Battaglia, Pogliani e Frigerio, prima di trovare posto davanti alla centrale idroelettrica di Ponte Gardena a Bolzano, era stata collocata, con il nome di Genio Italico, sulle rive della Senna in occasione dell’Esposizione Mondiale di Parigi del 1937. Quest’opera, di cui oggi resta solo la testa, conservata al museo Das Tirol-Panorama di Innsbruck, è quella che, insieme alle commissioni del Commissariato Generale per le Onoranze ai caduti in guerra per i bronzi nei cimiteri di guerra di Montegrappa (1935), Timavo (1937), Caporetto e Redipuglia (1938), meglio rappresenta l’attività della Fonderia negli anni Trenta.
Una produzione che racconta non soltanto l’epoca delle sanzioni e della sostituzione dei materiai ramosi con l’autarchico alluminio - un processo interamente seguito da Carlo Panzeri - ma anche di quel ritorno all’ordine e a un’arte figurativa di ispirazione neoclassicista, incarnato dal movimento Novecento, espressione di un’Italia che, dal 1922, era quasi interamente fascista. L’eco di quell’esortazione a tornare ai valori tradizionali viene tradotto in Fonderia da opere di Arturo Martini come La Pisana (1928) e Il Figliol Prodigo (1928), ma anche da quelle di Francesco Messina e Ludovico Pogliaghi, e anche se la guerra avanza nuovamente, muore Francesco Vecchi, Giovanni Frigerio e Sergio Pogliani, figli degli altri soci storici e colonne portanti della Fonderia, vengono chiamati sotto le armi, con l’allargamento degli spazi di lavoro e l’ingresso in società dello scultore e ritoccatore di cere Libero Frizzi, si respira, nonostante tutto, un’aria di rinnovamento.
Giorgio Gori, Il Genio Italiano del Fascismo, 1937 fotografato con tutti gli artigiani della Fonderia Artistica Battaglia.
L’installazione dell’opera di Giorgio Gori, Il Genio Italiano del Fascismo, 1937.
Sarà Sacrifice, un monumentale gruppo equestre in bronzo dorato, ideato nel 1928 dallo scultore americano Leo Friedlander (1888-1966) per uno dei quattro plinti dell’Arlington Memorial Bridge sul fiume Potomac a Washington, l’ultima opera fusa - nel 1950 - nella vecchia sede della Fonderia Artistica Battaglia: un dono dell’Italia agli Stati Uniti d’America, in segno di gratitudine per l’assistenza americana nella ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale. Ma anche se la violenza della guerra sembra aver spazzato via il mondo che era prima, la Fonderia dimostra, inaugurando una nuova sede in Via Stilicone, di credere nel futuro senza dimenticare il passato, realizzando infatti come prima fusione un’opera davvero tradizionale: la porta di bronzo del Duomo di Milano, progettata da Giannino Castiglioni prima del conflitto e installata nel 1950.
Gli anni milanesi del dopoguerra sono segnati da un grande fermento, artisti come Marino Marini, Giacomo Manzù, Lucio Fontana, Arnaldo e Giò Pomodoro, a metà degli anni Cinquanta sfidano la Fonderia sul piano tecnico e artistico, chiedendo sempre di più alle tecniche di fusione; nel frattempo, dopo la scomparsa di Libero Frizzi, la società viene trainata dall’esperienza commerciale di Ercole Staffico, e moltissime sono le fusioni di cui Battaglia si occupa, sia per la parte scultorea che per quella architettonica, meccanica e funzionale.
Tra queste sono da ricordare, per una certa epica, Il Cristo degli Abissi di Guido Galletti, installato il 29 agosto 1954 a 18 metri di profondità davanti all’Abbazia di San Fruttuoso a Camogli (GE), realizzato dalla fusione di medaglie, campane ed eliche di sommergibili americani, e la Madonna della Guardia di Narciso Cassino che, con i suoi 14 metri di altezza, è una delle più grandi fusioni in bronzo al mondo. Venne installata il 27 agosto 1959 nell’omonimo santuario di Tortona e benedetta dal cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, che due mesi più tardi sarà eletto Papa con il nome di Giovanni XXIII.
Grazie allo sviluppo parallelo dell’attività di fonderia industriale iniziata con la guerra, Battaglia produce in questi anni anche i carter per i motori della Vespa Piaggio, con Giovanni Frigerio - direttore tecnico dal 1957 al 1971 - progetta strutture in acciaio (molto utili alle sculture di Arnaldo Pomodoro), e sviluppa soluzioni tecniche innovative, come il telaio speciale per la porta in bronzo e ottone del Duomo di Siena realizzata nel 1958.
Negli anni Sessanta alla Fonderia Artistica Battaglia si realizzano colossali fusioni a cera persa di cavalli: il motivo porta il nome di uno dei più grandi scultori del Novecento italiano, Francesco Messina (1900 – 1995), al quale nel 1964 il direttore generale della Rai Marcello Bernardi commissiona quello che è diventato il simbolo stesso dell’azienda: il Cavallo Morente che dal 5 novembre 1966 si trova davanti all’ingresso principale della sede di Viale Mazzini a Roma. La monumentale scultura, realizzata in Fonderia riproducendo il bozzetto con assicelle di legno ancorate a un’armatura in ferro sulle quali fu stesa la cera, richiese due anni di duro lavoro e, nel 1966, con i suoi 4.60 metri di altezza, 5.50 di lunghezza e i suoi 25 quintali di peso, arrivò a Roma con un avventuroso viaggio da Milano a Roma sull’Autostrada del Sole.
Insieme al cavallo della Rai però Messina ne aveva disegnati e realizzati in gesso altri quattro che, con dimensioni doppie rispetto al naturale - 4.50 metri di altezza e 6.30 di lunghezza - avrebbero dovuto esser fusi in bronzo per una quadriga destinata al prospetto di Palazzo dei Congressi all’EUR di Roma.
I modelli, di circa due metri di altezza realizzati nel 1941, rimasero chiusi però fino alla fine della guerra negli scantinati dell’Accademia di Brera di cui l’artista era direttore. Vennero fusi da Battaglia soltanto nel 1969, a spese di Giovanni Leone, amico dello scultore che li acquistò per la sua villa privata a Formello in provincia di Roma, dove sono esposti dal 1970. Gli anni Sessanta sono quelli in cui la Fonderia è un grande studio comune per artisti italiani e stranieri, in cui gli artigiani lavorano giorno e notte per tenere vivo il fuoco delle fornaci, e in cui alla Fonderia viene riconosciuta l’importanza del lavoro svolto con la consegna del prestigioso premio cittadino dell’Ambrogino d’Oro nel 1961, ma sono anche quelli in cui, a distanza di pochi anni l’uno dall’altro, vengono a mancare i tre soci fondatori, con un conseguente cambiamento a vertici non senza contrasti.
Dopo i cavalli del Presidente Leone, altri abiteranno la Fonderia negli anni Settanta: si tratta della copia dei Cavalli Bizantini in bronzo dorato che ancora oggi ammiriamo sopra il portale centrale della Basilica di San Marco a Venezia: gli originali erano rimasti sulla terrazza della chiesa fino al 1977, quando si decise, per proteggerli dai danni atmosferici, di collocarli nel Museo Marciano, sostituendoli con copie identiche realizzate dalla Fonderia. Sono gli stessi anni in cui la grande scultrice belga Mariette Teugels (1935) sceglie Battaglia per le sue fusioni, seguita dallo scultore Domenico Colanzi (1944), che frequenta per anni la fonderia per la produzione delle sue opere; ma Battaglia non è più quella di un tempo, i figli di Frigerio e Pogliani vogliono vendere e gli operai si oppongono occupando i locali di Via Stilicone.
Ercole Staffico allora, decide di acquistare l’intera area e gli immobili, permettendo agli eredi di pagare i debiti e gli operai, mentre questi ultimi, nel segno di quell’etica da sempre caratteristica del loro lavoro, fondano una cooperativa per portare a termine tutte le lavorazioni in corso. Nonostante tutto la fonderia, chiusi i reparti di fonderia industriale e con soli sei operai da cinquanta che erano, continua a mantenere alta la sua reputazione, in Italia e all’estero.
Gli anni Novanta hanno segnato un momento difficile per Battaglia che trova nella figura del Presidente Matteo Visconti di Modrone quella stabilità che da molto mancava, e anche se il direttore Franco Badalotti nel 1990 va in pensione scettico sulla capacità degli operai di mandare avanti la baracca, anche se con Tangentopoli la sensazione è che il lavoro si sia fermato, la forza della fonderia resta negli artisti, nel rapporto di fiducia con i committenti - che assicurano commissioni prestigiose come il restauro di una statua della Fondazione Rodin (1992) - e nel gruppo di giovani artigiani (Giovanni Bruno, Dario Goldaniga, Paolo Delle Monache, Pier Giorgio Colombara, Abdullah Selim, Sergio Alberti e Guido Lodigiani) che alla fine degli anni Novanta, segna un fondamentale cambio generazionale.
La Fonderia varca dunque l’ultimo decennio del Novecento a braccetto con i protagonisti del mondo dell’Arte: Arnaldo Pomodoro con le opere fuse da Battaglia raggiunge luoghi di spirito e potere, come il Cortile della Pigna dei Giardini Vaticani (Sfera, 1990) e l’ingresso della sede dell’Onu a New York (Sfera dentro una sfera, 1996).
Alighiero Boetti (1940-1994), un anno prima della morte, varca la soglia di Battaglia per fondere Autoritratto (1993), riflessione esistenziale che condensa con ironia la consapevolezza della fine. Opere come Meridiana di Sendai di Kengiro Azuma (1926), realizzata nel 1997 dall’artista giapponese assistente di Marino Marini, protagonista del panorama artistico cittadino, segnano la fine dell’ideologia socializzata della morte e dei suoi riti. Floriano Bodini (1933 –2005) impegna la Fonderia per due anni con la fusione del monumento ai Sette di Gottinga ad Hannover (1998) e la sua presenza diventa una costante tale da lasciare un vuoto difficile da colmare alla sua morte. Il decennio si chiude con una sfida: la fusione della croce e del basamento per l’altare di Arnaldo Pomodoro (1997-2000) per la nuova chiesa di Padre Pio progettata da Renzo Piano a San Giovanni Rotondo; un progetto particolarmente complicato dal punto di vista tecnico, ma risolto in modo brillante dalle maestranze della Fonderia.
Giuseppe Penone, allestimento a Parigi. Courtesy Archivio Fonderia Artistica Battaglia
Alighiero Boetti. Courtesy Archivio Alighiero Boetti
Il nuovo millennio si apre con un progetto dalla fortissima valenza simbolica: la Porta Santa di Floriano Bodini per San Giovanni in Laterano a Roma, una fusione che dà il via a una serie di commissioni di grande importanza storico artistica. Sempre nel 2000 infatti il grande Maestro dell’Arte Povera Giuseppe Penone (1947) realizza con Battaglia un albero di 28 metri in bronzo per i giardini de Le Tueleries a Parigi, e nel 2004 le opere in bronzo per Il Giardino delle Sculture Fluide progetto site specific per la Reggia di Venaria Reale a Torino. Nel 2006 Guido Lodigiani (1959) realizza in Fonderia il Fonte Battesimale, il Candelabro e una Trinità in bronzo dipinto per il Duomo di Casale Monferrato. E sarà proprio la ricerca di diverse patine e finiture del bronzo a guidare, negli anni a seguire, la Fonderia che, a partire dal 2013, cataloga ben 150 reazioni cromatiche diverse del bronzo creando uno dei campionari più completi al mondo.
Dal 2014 Battaglia avvia un progetto sperimentale con alcuni di più importanti rappresentanti dell’art design contemporaneo internazionale come Formafantasma e Michael Anasstasiades, collaborando con gallerie di ricerca come Dimorestudio e Nilufar.
Nel 2015 la fonderia ospita le riprese del film di Francesco Clerici, vincitore della Berlinale, Il Gesto delle Mani, che racconta il processo di creazione di una scultura di Velasco Vitali negli spazi di Via Stilicone: un omaggio al lavoro manuale, a una squadra di esperti artigiani, e a una realtà che ha già più di 100 anni di storia. L’attenzione al mondo dell’arte e il rapporto costante con gli artisti sono all’origine del Battaglia Foundry Sculpture Prize, premio internazionale di scultura attivo dal 2016 al 2021, fondato per promuovere l’utilizzo del bronzo nell’arte contemporanea, che vede vincitori Nicolas Deshayes, Marguerite Humeau, Rochelle Goldberg, Veit Laurent Kurz e Ludovica Carbotta; accanto a questo il progetto Open Studio, con cui la Fonderia offre agli artisti un mese di permanenza nei suoi spazi e un workshop di tecniche contemporanee del bronzo.
Nel 2017 è Battaglia a sostenere il progetto di Giorgio Andreotta Calò per il Padiglione Italia alla 57° edizione della Biennale di Venezia, e a realizzare Takumi Craftmanship Stool il progetto di Formafantasma esposto alla mostra CURIO ad Art Basel/Miami. Battaglia dimostra ulteriormente la sua attenzione al design con la nomina di Nicolas Bellavance-Lecompte a Direttore Artistico del Dipartimento di Design-Art della Fonderia, che dal 2018 al 2021 realizza una serie di progetti con Anton Alvarez, Katie Stout e alcune gallerie internazionali, mentre per quanto riguarda l’arte contemporanea sviluppa, insieme a Ilaria Marotta e Andrea Baccin di Cura., un progetto espositivo milanese - KURA. - che coinvolge, dal 2018 al 2020, artisti come David Douard, Than Hussein Clark, Yves Scherer e Patrizio di Massimo.
Ma il rapporto con l’arte e gli artisti non si interrompe mai, e nel 2022 Paola Pivi (1971) realizza da Battaglia l’opera per il programma artistico della High Line di New York a cura di Cecilia Alemani: You Know who I am è una replica in bronzo della Statua della Libertà di Frédéric Auguste Bartholdi, col volto coperto dalla maschera stilizzata di una emoji. Nel 2023 inoltre, con la nomina di Bernabò Visconti di Modrone a nuovo Presidente e Amministratore Delegato, la Fonderia Artistica Battaglia istituisce il Premio Visconti, non soltanto per ricordare il presidente Matteo Visconti, ma per continuare a sostenere gli artisti nella produzione di opere in bronzo, grazie all’esperienza delle sue maestranze.