In Italia si levano le voci individuali di un paese diviso e isolato dal resto d’Europa, che raccontano della tradizione interiorizzata come momento presente: nell’eco etruscoitalico delle figure di Marino Marini (Pistoia 1901 – Viareggio 1980) o nel richiamo romano-gotico delle opere di Giacomo Manzù (Bergamo 1908 – Roma 1991). Giacomo Manzù, Enrico Manfrini, Remo Brioschi, Eros Pellini, Marino Marini e poi Lucio Fontana, Luciano Minguzzi, Carmelo Cappello, Arnaldo e Giò Pomodoro, Ettore Cedraschi e tanti altri formano il gruppo di gravitazione che porta avanti le nuove sfide di Battaglia, spronando a migliorare i sistemi tecnici e artistici dei diversi rami della fonderia (a presso-fusione, a conchiglia e a sabbia) e ottenendo il massimo dalla tecnica di fusione a cera persa.
La forma geometrica perfetta della sfera nelle sculture di Arnaldo Pomodoro (Marciano di Romagna 1926) fa da contraltare alla coscienza dell’insicurezza della nuova epoca; al suo interno, spaccata la perfezione della superficie, è visibile il difficile percorso che vi ha condotto. Sono questi gli anni in cui “la centralità della forma plasticoscultorea si apre all’ambiente circostante” quando Lucio Fontana (Rosario di Santa Fè, Argentina, 1899 – Comabbio, Varese, 1968) reinventa la terza dimensione dando la possibilità alla tela e alla scultura stessa di essere penetrate dall’ambiente. Il primo lavoro fuso nella nuova sede di via Stilicone è nel solco della continuità; si può finalmente portare a termine la maestosa porta di bronzo del Duomo di Milano (1945), progettata da Castiglioni e costruita dall’impresa Cappellini per conto della Veneranda Fabbrica Duomo già prima dell’inizio del conflitto. Gli anni milanesi del dopoguerra sono vibranti; l’Accademia è da più di un decennio un polo di grande interesse che riunisce attorno alle sue cattedre i molti “nomi buoni” degli artisti dell’epoca: Alik Cavaliere, Floriano Bodini, Giancarlo Marchesi, Giacomo Benevelli, Liliana Nocera e Kengiro Azuma, tutti a fondere a Battaglia tra il 1954 e il 1955. Dopo la scomparsa, prima della guerra, di Monteverde e del socio Frizzi, un vigoroso impulso alla società è dato dalle esperienze commerciali di Ercole Staffico che ne continua la consulenza. Nel primo biennio della nuova sede, sono moltissime le fusioni di cui Battaglia si occupa a tutto tondo per la parte scultoria, architettonica, meccanica e funzionale. “Si continua e si continuerà con sempre rinnovato ardore nel lavoro artistico” per terra e per mare, dove a ridosso di una parete di gorgonie si erge, nelle profondità marine di San Fruttuoso, Il Cristo degli Abissi di Guido Galletti, dedicato alle vittime del mare e ormai simbolo di ogni marinaio. Nel 1958 Narciso Cassino di Candia Lomellina (1914-2003) porta a termine la fusione della Madonna della Guardia. La statua della Vergine, alta quattordici metri e fra le più grandi fusioni in bronzo esistenti, viene collocata tramite una complessa manovra corale in cima alla torre dell’omonimo santuario, progettato da Galli, il 27 agosto 1959. Durante la guerra e fino al 1969 si sviluppa ulteriormente il ramo di fonderia industriale (a presso-fusione, a conchiglia e a sabbia), dove si producono anche i carter per le mitiche vespe. Giovanni Frigerio, dal 1957-1971 direttore tecnico della fonderia, si specializza nella progettazione di strutture d’acciaio e per molti anni sarà l’ingegnere delle sculture di Arnaldo Pomodoro. Più di quaranta erano gli operai che lavoravano in fonderia, all’epoca anche casa editrice per le opere di sua produzione. Nel 1958 si fonde la Porta del Duomo di Siena di Enrico Manfrini, opera in bronzo dall’anima d’ottone. Il telaio è costruito con lastre lunghe tre metri, piegate al millimetro e fissate da speciali viti stampate e rullate. In quegli anni l’acciaio inossidabile non esisteva ancora, e la struttura, così come i cardini, viene realizzata in ottone, materiale che possiede caratteristiche meccaniche similari.