Gli Anni Trenta

I nostri occhi, oggi, non vedono nel cimitero che lo sfondo di quello che era “la poetica attuazione dei diritti di libertà politica e religiosa”, da forgiare nell’eternità del bronzo.

Nel 1935 il commissariato generale per le “Onoranze ai caduti in guerra” diretto dal generale Ugo Cei e dal Colonnello Soddu, affida alla fonderia l’esecuzione dei bronzi da collocare nei cimiteri di guerra: Montegrappa (1935), Timavo (1937), Caporetto e Redipuglia (1938) progettati da Castiglioni e da Giovanni Greppi. Il lavoro è interamente eseguito in leghe di zama, il frutto della collaborazione con la società Montecatini per il lancio dei materiali leggeri. Giunti all’epoca delle sanzioni, infatti, si dovette pensare alla sostituzione dei materiali ramosi con quelli autarchici, processo interamente seguito da Carlo Panzeri.

Testimone di questo passaggio è il Genio Italico, la grande mole in anticorodal dello scultore G. Gori, eseguita per conto della società Montecatini e collocata sulle rive della Senna in occasione dell’esposizione Mondiale di Parigi nel 1936. Parigi è il grande cuore della “Repubblica delle arti” di questi anni. Capace di abbracciare le sue molte anime è l’avamposto internazionale della libera circolazione delle idee: dalle avanguardie storiche fino al grido “Rappel à l’ordre” degli anni a cavallo fra le due guerre.

L’eco di quel grido restauratore dei valori tradizionali, che in Italia si traduce nel movimento del Novecento Italiano, trova espressione nelle opere di Arturo Martini (Treviso 1889 – Milano 1947) protagonista in fonderia con Francesco Messina (Linguaglossa, Catania, 1900 –Milano 1995) e Ludovico Pogliani (Milano 1857 – Santa Maria del Monte 1950). La Pisana, La Ragazza al Sole e il Figliol Prodigo sono, non a caso, la sintetica visione plastica di quei valori di “precisione del segno, decisione nel colore, risolutezza della forma” del movimento della Sarfatti e Sironi ed espressione del sentimento comune di un paese dal 1922 quasi interamente fascista. La guerra avanza nuovamente e in fonderia “si guarda all’avvenire marcando il passo”. Muore il socio Vecchi e i figli dei soci fondatori, Giovanni Frigerio e Sergio Pogliani, da sempre in Battaglia, partono per il servizio militare mentre lo scultore Libero Frizzi, già dal 1922 ritoccatore di cere, entra a far parte della società, e con lui un aria di rinnovamento che porterà anche alla costruzione di nuovi e più ampi locali. L’ultima opera fusa nella vecchia sede è uno dei quattro gruppi equestri che l’Italia dona agli Stati Uniti per il Pantheon di Washington: un enorme cavallo accompagnato a lato da una figura di donna che si erge maestosa sulle rive del fiume Potomac.